Chiaramente

di Chiara Virzì
Danzare e cantare la preghiera sacra che è lo Yoga

Danzare e cantare la preghiera sacra che è lo Yoga

Ci sono incontri nella Vita che ti cambiano per sempre.

Uno dei più significativi è stato quello con lo Yoga e l’Ayurveda, ma su quest’articolo ci concentreremo sul primo.

Lasciate innanzitutto che ringrazi la mia maestra, Shanti Brancolini (per chi volesse conoscere meglio lei ed il suo metodo vi rimando al suo primo libro, “Yoga su misura”, ed all’anima pia alla quale mi ha affidato dopo di lei, Anita Boscaglia).

Maestra Shanti mi ha trasmesso la tradizione dello Yoga e mi ha ispirato nell’esplorazione della mia unica e speciale relazione con esso e con la fonte d’Amore di tutto ciò che è, il Supremo e Divino Amore, l’Assoluto, nel campo in cui non vi è nulla di giusto e sbagliato, ma si sosta alla Presenza fiduciosa del Senso Superiore, l’afflato divino, che ci abita e muove, se con attenzione e consapevolezza ci mettiamo in ascolto.

Il titolo di quest’articolo che celebra l’incontro di cui vi accennerò (c’è una parte più intima che tale è bene rimanga) tenta di riassumere cos’ha rappresentato per me QUEL momento specifico, nella pratica di quest’arte millenaria, l’Hatha Yoga, che la mia maestra ha declinato eccellentemente nel rispetto delle caratteristiche ed esigenze particolari in ogni momento della nostra vita.

Lo Yoga non è una sorta di ginnastica, nè una moda, bensì uno stato dell’Essere nell’istante in cui si risveglia e ricongiunge a quell’anelito d’Infinito, lo riconosce in tutte le cose ed inizia ad applicarlo sempre più frequentemente e con disciplina e dedizione nella propria giornata e nelle sue sfaccettature, facendone preghiera ed offerta all’Assoluto.

E’ così che lo Yoga diventa una lenta danza di corteggiamento a quel Supremo Amore che tutti agogniamo di ricevere stabilmente in noi, e tramite l’intenzione ed il mantra specifico scelto diventa anche canto.

Se poi abbiamo il privilegio di saper suonare o poter ascoltare i canti e gli strumenti indiani, lo sposalizio ed il dialogo col Divino Amore è completo e sublime.

Tutto improvvisamente assume un senso diverso e tu non vorrai più tornare indietro, nello stato evolutivo precedente, anche se ciò comporterà un impegno ed un votarsi all’Amore Incondizionato, al mistero che cerchiamo di afferrare in tutte le nostre esistenze e del quale possiamo sentirne la fragranza ed i miracoli che compie quando stiamo in quell’UNIONE SACRA.

Danzare e cantare la preghiera sacra che è lo Yoga

I riti dello Yoga: interconnessioni con l’Ayurveda e l’aromaterapia

Al risveglio è bene non alzarsi di scatto, bensì rimanere a letto ancora per qualche istante, per prendere meglio coscienza del proprio corpo e lasciar fluire le sensazioni del risveglio, ma anche per nutrire la mente con pensieri positivi, al fine di trasferire un comportamento di consapevole attenzione verso tutte le attività del nuovo giorno.

È consigliabile bere a digiuno un bicchiere d’acqua tiepida oppure calda, secondo le indicazioni e le necessità individuali.

Questa semplice pratica stimola i riflessi gastrointestinali, che faciliteranno una naturale evacuazione, consentendo di eliminare le impurità accumulate nel tratto digestivo.

Dopo aver espletato le funzioni corporali, è necessario pulire la lingua con l’apposito raschietto (dhauti) per rimuovere la patina (depositi di tossine) che può formarsi durante la notte.

Si tratta di una pratica altamente consigliata e benefica, in quanto tale rimozione non riguarda solo la superficiale eliminazione della patina, ma aiuta in particolare ad espellere il muco in eccesso.

A questo punto si deve sciacquare bene la bocca e passare alla pulizia dei denti, per la quale tradizionalmente erano usati rametti di piante medicinali, ad esempio di neem (in Italia si utilizzano le foglie fresche di salvia); occorre pulire accuratamente gli spazi interdentali ed in seguito usare un dentifricio adatto.

A tal proposito l’Āyurveda consiglia soprattutto i dentifrici in polvere a base di spezie ed erbe finemente polverizzate, dal particolare sapore (rasa) astringente, che pulisce bene i denti e rinsalda le gengive; quest’ultime dovranno anche essere ben massaggiate (usando olio di sesamo) tramite i polpastrelli.

Per prevenire la piorrea e le malattie del cavo orale e, in senso ayurvedico, per nutrire e purificare udana vayu (quindi la funzione della parola e dell’attenzione) è utile praticare gargarismi (gandusha) con olio di sesamo, puro o diluito con un po’ d’acqua tiepida; è possibile aggiungere un po’ di sale oppure un pizzico di curcuma (secondo la Prakriti e la condizione del momento possono essere aggiunti altri ingredienti).

Si passa, poi, a pulire le fosse nasali mediante l’azione, ben conosciuta dai praticanti Yoga, chiamata Jala (acqua) Neti (pulire).

Allo scopo viene usato un apposito strumento, detto Lota, riempito con acqua tiepida, nella quale è stato disciolto un pizzico di sale.

L’acqua, attraverso la tecnica appropriata, passa da una narice all’altra in modo semplice e naturale, rimuovendo dai condotti nasali muco, polvere ed ogni altra impurità.

Quando le narici saranno asciutte, massaggiarne l’interno con olio adatto (come quello di sesamo puro).

Dopo la pulizia del cavo orale si effettua quindi un breve massaggio del corpo e della testa con olio di sesamo puro o medicato, secondo le necessità individuali.

È opportuno, inoltre, avere cura ed oleare attentamente altre parti del corpo: le orecchie, il punto posto alla sommità del capo (Brahma Randhra), le narici, l’ombelico (Nabhi), l’ano ed i genitali.

Segue quindi il bagno o la doccia con acqua calda (evitando, però, l’eccesso di calore soprattutto sulla testa) per eliminare l’olio in eccesso rimasto sulla pelle dopo il massaggio e rimuovere le tossine che ora sono affiorate in superficie.

Non è consigliato l’uso di saponi o detergenti che rischiano di essere troppo aggressivi per la pelle: al loro posto si consiglia l’uso di miscele di polveri a base di legumi polverizzati miscelati ad erbe.

Si può utilizzare anche la sola farina di ceci che lascia la pelle morbida e pulita.

Dopo la pulizia del corpo è bene praticare una moderata attività fisica – lo Yoga e le sue asana (posizioni) appunto -, equilibranti tecniche del respiro (pranayama), mudra (lo yoga delle mani, che sfrutta i principi della medicina tradizionale cinese, quali i concetti dei meridiani e dell’equilibrio fra yin e yang) e la meditazione.

Ora si può fare colazione, se indicato, in base alle proprie necessità e costituzione; la colazione non dovrà essere basata esclusivamente sul sapore dolce.

I tre Dosha – Pitta, Vata e Kapha – rispecchiano la nostra specifica costituzione e sono composti dai cinque elementi (terra, aria, acqua, fuoco ed etere).

Ogni dosha è composto da due di essi:

Pitta: fuoco+acqua

Vata: aria+etere

Kapha:Terra+acqua

I sei gusti

Allo stesso modo tutti gli alimenti hanno una combinazione di elementi e questo ne determina il gusto e le proprietà.

I sei gusti sono:

  • Madhura (dolce): terra + acqua
  • Amla (aspro): fuoco + terra
  • Lavana (salato): acqua+ fuoco
  • Katu (pungente): aria+ fuoco
  • Tikta (amaro): aria + etere
  • Kashaya (astringente): aria +terra

È preferibile pranzare (ma anche cenare) presto; il pranzo dovrebbe essere completo e contenere tutti i sei sapori e tutti gli elementi, in accordo con la propria costituzione, la stagione, il luogo ed il potere di Agni, il fuoco digestivo.

Importantissimo è anche come si mangia; bisognerebbe farlo, infatti, in un’atmosfera serena e rilassata, in modo confortevole e dedicandosi completamente al cibo.
L’atteggiamento mentale durante i pasti è determinante per un corretto processo digestivo!

Dopo mangiato è consigliato rimanere tranquillamente seduti per cinque minuti; una breve passeggiata, poi, è utile per favorire la digestione.

La sera sarebbe bene dedicarsi a pratiche rilassanti e meditative, per conciliare il sonno ed interrogarsi rispetto all’andamento della giornata con atteggiamento proattivo e gratitudine.

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Lo Yoga e la musicoterapia

Il continuo ripetersi di certe note, come per esempio, frequenze dello spettro dei bassi intorno ai 40 Hz, oppure dei medio alti intorno agli 8000 Hz (e di sicuro molte altre frequenze) che sono tipici della musica indiana tradizionale, fanno sì che il cervello inizi a produrre onde che favoriscono il rilassamento e la meditazione – (uniti ai ritmi piuttosto lenti , dai 60 bpm agli 80 bpm) .

Nella musica classica indiana dobbiamo abbandonare il concetto di modo “maggiore” e “minore” tipico occidentale: lo sviluppo delle melodie si basa infatti sui “Raga”, sequenze di note ordinate, spesso differenti in fase ascendente e discendente, che derivano da una delle dieci scale (analoghe alle nostre scale modali) denominate “Thaat”.

Nella tradizione musicale indiana a specifici “Raga” sono associate specifiche stagioni e particolari ore del giorno, ma anche detreminate emozioni: sono infatti stati creati centinaia di Raga, anche se quelli più utilizzati sono all’incirca 70.

Inoltre, nella musica classica indiana gioca un ruolo molto importante l’improvvisazione che avviene attorno al Raga, e lo sviluppo della composizione non è basato sul piano armonico, quanto invece sugli sviluppi stessi del connubio melodia-improvvisazione che si intreccia con la sovrapposizione ritmica dell’accompagnamento, la cui metrica (spesso complessa) gioca un ruolo molto importante.

ogni scala può essere effettivamente generata da una qualsiasi nota di partenza, purchè vengano rispettati i suoi intervalli interni.

Il concetto di tonalità con le relative armature di chiave è del tutto assente, mentre è indispensabile la conoscenza dei rapporti reciproci fra tutte e 12 le note contenute all’interno di un’ottava, utilizzando quindi un approccio che potremmo considerare affine a quello modale: tuttavia, parte inscindibile di questo processo è la propulsione ritimica utilizzata, che costituirà la piattaforma di lancio (e di arrivo) dell’intero impianto improvvisativo dell’interprete di uno specifico Raga, al quale è lasciato il compito di saper condurre l’uditorio attraverso veri e propri “voli” immaginari sulle trame melodiche via via costruite.

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Lo strumento indiano più amato: il Sitar

Il sitar è uno strumento musicale originario dell’India che ha conquistato il mondo con la sua melodia coinvolgente e la sua bellezza unica.

Ha un numero di corde molto alto, ben 18, di cui 6 sono accordate ad un tono specifico e le altre 12 sono utilizzate per gli ornamenti.

E’ uno degli strumenti più complessi da suonare, richiede anni di pratica e dedizione per padroneggiare le sue tecniche uniche.

Il suono del sitar è una delle sue caratteristiche più affascinanti e distintive. 

Tale musica è descritta come melodiosa, ricca e complessa.

Le note sono generate dalle corde principali che vengono pizzicate con un plettro chiamato “mizrab” e dalle corde di accompagnamento e di risonanza che invece sono suonate con le dita, o che vibrano spontaneamente grazie ad un fenomento chiamato risonanza simpatica.

Tale fenomeno fa sì che qualsiasi corda pizzicata produca movimento anche in altre stringhe, modificando il suono e generando armonie uniche.

Il suono del sitar è simile a quello di altri strumenti a corda come la chitarra, ma ha alcune differenze chiave.

Infatti risulta essere più ricco e complesso grazie al gran numero di corde, degli ornamenti e delle tecniche utilizzate per suonarlo. Inoltre, le sue note sono più acute e penetranti rispetto a quelle della chitarra.

Per suonare il sitar, ci sono diverse tecniche che devono essere padroneggiate.

La tecnica di base è chiamata “meend”, che consiste nello scorrere lungo le corde con il mizrab per creare gli ornamenti.

Altre tecniche comuni includono “gamak”, ovvero pizzicare rapidamente le corde generando un effetto vibrato, ed “alankar”, la ripetizione di una sequenza di note in modo ornamentale.

Il suono di questo strumento è anche influenzato dalle corde utilizzate e dalle loro accordature. 

Le corde principali sono solitamente accordate in tonalità maggiori, mentre le corde di accompagnamento e di risonanza in tonalità minori, ma modificazioni anche qui possono produrre combinazioni nuove da esplorare.

Danzare e cantare la preghiera sacra che è lo Yoga

La pratica dello Yoga è per me una parte imprescindibile e di qualità della mia Vita, dedicata al Divino Amore, nel percorso verso un sentire ed una comprensione sempre più profondi, interconnessa al Tutto ed assecondando i cicli, la costituzione e le fasi specifiche attraversate, momento per momento.

Inoltre, lavorando coi bambini ed avendo studiato – tra le altre cose – pedagogia e psicologia, mi piace far sperimentare loro le tecniche di questa tradizione, cucendo delle favole ad hoc sulla pratica yogica in quella precisa stagione ed assecondando le esigenze della loro età e di ciò di cui necessitano in quella delicatissima fase, unica ed irripetibile, cercando con umiltà di trasmettere la tradizione e gli insegnamenti yogici esistenziali funzionali ad un regolare ed armonioso sviluppo psico-fisico.

Se vuoi approfondire l’argomento ed intraprendere uno stile di vita che potrebbe farti fare un salto vibratorio e spirituale non indifferente, non esitare a contattarmi!

Sono a servizio.

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