Chiaramente

di Chiara Virzì
La rabbia: origini, dinamiche e complessità di gestione

La rabbia: origini, dinamiche e complessità di gestione

Oggi trattiamo una delle emozioni più complesse ed anche giudicate e represse nella società attuale: la rabbia.

Partiamo subito con lo sfatare un mito che è’ tale per molti: la rabbia non è un emozione negativa e sbagliata, o ancora esagerata.

Se sopraggiunge la rabbia c’è una ragione ben precisa e va validata ed espressa, seppur coi giusti modi e non rivolta alla/e persone che crediamo l’abbiano suscitata.

Sì, avete capito bene: se qualcuno o qualcosa ci suscita rabbia il motivo principale è da ricercare in noi, nel nervo scoperto che è stato toccato, il nodo irrisolto esiliato dalla coscienza e non ancora elaborato, perchè da noi considerato eccessivamente doloroso.

Ma come dice la mia meravigliosa maestra di meditazione, “Se quel dolore non ci ha ucciso allora, non potrà farlo neanche adesso”, tantovale affrontarlo.

Facciamo sì che il nostro dolore soffocato e rinchiuso nella cantina buia, angusta e lontana dalla nostra consapevolezza possa riavere voce, per poi librarsi finalmente libero nell’etere.

Ci state?

Allora iniziamo a sviscerare l’argomento..

La rabbia: origini, dinamiche e complessità di gestione

Le declinazioni della rabbia e decorso dell’emozione stessa in oggetto

Possiamo sentirci frustrati ed irritabili quando sentiamo che le cose non vanno come vorremmo,

o potremmo diventare impulsivi, e perdere il controllo

moralisti, indignati davanti ad un’ingiustizia

impotenti, se ci sentiamo inascoltati.

La rabbia può muoversi dall’irritazione alla furia, dipende se proviamo rabbia ma la reprimiamo e rimuginiamo,

o se riusciamo a fermarci e respirare invece che agire,

o se la sentiamo salire,

ancora se è diventata molto intensa

ed infine se non riusciamo a fermarci, salvo poi sentirci ancora peggio., perchè magari le conseguenze ci sfuggono di mano.

Gestire la rabbia

La rabbia: origini, dinamiche e complessità di gestione

Occuparsi della rabbia quando ci attraversa è di vitale importanza, poichè influenza considerevolmente i livelli fisico, mentale e relazionale.

E’ con noi fin dalla nascita ed è così rapida nella sua manifestazione quando sorge perchè fa parte del sistema difensivo.

Essa può associarsi ad emozioni secondarie ma altrettanto degne di nota, come l’orgoglio, la vergogna e/o l’imbarazzo.

Come ci ricorda ed avvisa lo studioso Paul Gilbert, quando si presenta quest’emozione interagisce considerevolmente con i sistemi de:

l’attenzione (il suo campo si restringe e la lettura della realtà diventa meno flessibile, ossia notiamo solo le informazioni che confermano ciò che pensiamo dell’altro, ed in genere è negativo)

il pensiero ed il ragionamento (s’innesca il pilota automatico, associamo l’esperienza attuale ad altre pregresse e la prendiamo troppo sul personale)

l’esperienza emotiva (le variabili mutano di volta in volta)

l’immaginazione e la fantasia (vengono nutrite e condizionate dall’umore del momento, nel caso della rabbia l’alimentano)

il comportamento (negare l’affetto, coltivare il risentimento, disapprovare, ignorare)

ed in ultimo – ma non in ordine d’importanza – la motivazione (in questo specifico caso preme verso il “passaggio all’atto”).

Allora che fare?? E’ tempo di essere compassionevoli e perdonare…

La rabbia: origini, dinamiche e complessità di gestione

“Perdonare qualcuno non significa condonare il suo comportamento.

Non significa nemmeno dimenticare il modo in cui ti ha ferito e neppure concedergli di farti ancora del male.

Perdonare significa fare pace con ciò che è successo.

Significa riconoscere la tua ferita, dandoti il permesso di sentire dolore, e di comprendere che quel dolore non ti serve più.

Significa lasciar andare il dolore ed il risentimento per poter guarire ed andare avanti.

Il perdono è un dono a te stesso.

Ti libera dal passato e ti consente di vivere nel tempo presente.

Quando perdoni te stesso e perdoni gli altri, sei veramente libero.

Perdonare significa liberare un prigioniero e scoprire che quel prigioniero eri tu.”

                                                                                                                                       D. Koepke

… Abbiamo un grande alleato che ci supporta nel maneggiare la rabbia:

la Mindfulness Self-Compassion, che

agisce anche nel trattamento delle eventuali emozioni che possono intervenire in aggiunta,

potenzia un senso di umanità condivisa, la comprensione (che non è giustificazione), la tenerezza;

ci fa riprendere confidenza con la calma e la gentilezza,

ci riconnette al nostro respiro ed al sostare nel momento presente, attutendo il risultato derivante dal momento.

Infine ci riconduce al perdono.

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…. E lasciare andare

Dichiara pace al tuo respiro.

Inspira uomini d’arme e attrito, espira edifici interi e stormi di merli dalle ali rosse.

Inspira terroristi ed espira bambini che dormono e campi appena falciati.

Inspira confusione ed espira alberi di acero.

Inspira quanto è caduto ed espira amicizie di tutta una vita ancora intatte.

Dichiara pace con il tuo ascolto: quando senti sirene, prega ad alta voce.

Ricorda quali sono i tuoi strumenti: semi di fiori, spilli da vestiti, fiumi puliti.

Prepara una minestra.

Fai musica, impara come si dice grazie in tre lingue diverse.

Impara a fare la maglia, e fai un cappello.

Pensa al caos come mirtilli che danzano, immagina il dolore come l’espirazione della bellezza o il gesto del pesce.

Nuota per andare dall’altra parte.

Dichiara pace.

Il mondo non è mai apparso così nuovo e prezioso. Bevi una tazza di tè e rallegrati.

Agisci come se l’armistizio fosse già arrivato.

Non aspettare un altro minuto.

Dichiara pace

Mary Oliver

Perdonare si associa volentieri all’accettazione radicale (che non è passiva rassegnazione, ma accoglienza di sè, dell’altro e della vita così come si presentano ora) ed a lasciare andare (ho scritto un articolo in proposito, se gradisci approfondire).

Dopo aver aperto, ammorbidito ed investigato il tuo cuore, permettendo alla vulnerabilità di fiorire e portare molto frutto; dopo aver compreso l’origine del tuo dolore ed esserti confortato, puoi liberare te stesso – tornando a vivere – e l’altro (ossia la persona o la situazione sfidante), lasciandolo andare.

Se hai dei dubbi su come iniziare a praticare la Mindfulness Self Compassion e/o vuoi comprendere meglio l’eziologia delle tue emozioni più complesse, scrivimi!

Ne parliamo insieme.

Vi rimando tutt*al prossimo articolo e come sempre vi ringrazio per l’attenzione.

Chiara Virzì

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