Pare che in questi giorni, precisamente il 25 Novembre, cada la festa delle bambine cattive.
Effettivamente è proprio una caduta di stile – secondo me – ricordare – e tra l’altro un giorno all’anno, tanto per “scaricarsi” la coscienza – le donne a cui la festa l’hanno fatta “perché era vestita in modo provocante”, o “ha osato rispondermi male” o ancora “voleva fare tanto l’emancipata”, oppure “mi ha confessato che non mi amava più” ed infine – ma non in ordine d’importanza – “voleva lavorare, invece che pensare solo a soddisfare il suo uomo e crescere i loro figli”.

Tengo a precisare che quanto sarà citato in quest’articolo corrisponde a fatti realmente accaduti ed il suddetto scritto non è un qualcosa scagliato implacabilmente contro l’uomo che ha compiuto il gesto finale ..tra l’altro un finale becero e macabro, specie per la malcapitata di turno; egli è stato solo l’esecutore e l’incarnazione di un sistema che non educa abbastanza all’importanza dell’ integrazione tra mascolino e femminino sacri (che non corrispondono al maschilismo o al femminismo orbi), alle realmente eque “pari opportunità”, al rispetto dell’ individualità personale, alla complessità di un essere umano, alla sua dignità, alla libertà vera – quella dello spirito -, alla felicità.
Se fossimo felici neanche nell’anticamera del nostro cervello comparirebbe l’idea di fare del male ad un altro essere, nessuno escluso.

La donna è capace di generare, e nutrire talmente tanto amore da poter essere in grado di occuparsi della sua famiglia e nel contempo realizzarsi nel lavoro, magari anche educando le nuove generazioni ai valori prima citati; perché – qualora non vi abbiano informati -, l’amore non si divide, bensì si moltiplica, senza togliere dunque nulla a coloro i quali siano presenti nel raggio amorevole (e non quello oscuro manipolatorio) di una donna.
Le donne detengono anche altri due tipi di poteri: il potere personale ed il potere di assumersi la responsabilità – e le sue conseguenze – relative alle modalità scelte per crescere il proprio figlio maschio (e di riflesso la propria figlia femmina).
Ecco perchè quest’articolo non intende mettere alla gogna l’uomo: egli nasce dalle donne, le quali in alcuni casi lo servono e riveriscono senza porre delle basi sane per il suo sviluppo psicologico; o ancora lo terranno legate al proprio cordone ombelicale, ripetendogli fin dalla tenera infanzia che “solo sua madre lo amerà veramente”, piuttosto che restituirlo al mondo con tutti i crismi di cui lei è capace – in potenza – educandolo a supportare la compagna – scelta per le sue doti di anima e non meramente in quanto oggetto di piacere – e trasmettendogli quanto sarà importante che attivi il suo ruolo unico ed irripetibile nel suo futuro nucleo – o nido -familiare.

Vogliamo parlare delle donne che hanno talmente tanta rabbia per le ferite ricevute che non sopportano quelle che ce la stanno facendo ed ostruiscono loro il cammino, addirittura?
O delle “amiche” che per paura non testimoniano di averti vista deturpata, in quanto suo marito le ha intimato di non immischiarsi, pena l’abbandono del tetto coniugale?
O ancora di quelle che “per il tuo bene” ti scoraggiano a denunciare, perché “bisogna sapersi accontentare e se il tuo uomo ti dà da mangiare fa già il suo dovere”?
E’ ammissibile che anche un giudice convalidi questo comportamento e trascriva -marchiato a fuoco nell’ordine divino – su una sentenza come “non risulti agli atti che il marito non abbia provveduto alla famiglia, in quanto coltivava l’insalata nell’orto” (con la complicità dell’avvocato difensore del “coltivatore di insalata”)?
E vogliamo poi parlare delle amiche che ti suggeriscono bonariamente di “toglierti ‘sti grilli per la testa” e non cercare nessun lavoro per migliorare la vostra condizione, poichè “tuo marito ed i tuoi figli sono già una grossa fortuna”?
Come potranno crescere i figli maschi di queste donne e questi uomini?
Tornano imperanti ed appositamente perturbanti queste domande.
Così quest’articolo è un appello urgente: possiamo noi tutt* riappropriarci ed esercitare la responsabilità personale; possiamo formare ed educare uomini e donne libere, rispettose, consapevoli del proprio valore e del diritto di esercitare e lasciare sbocciare i propri talenti e quelli altrui.
Possiamo generare esseri che non usino i figli per ricattare l’ex coniuge o “lasciarlo in mutande”; possiamo non coinvolgere le nostre creature innocenti nelle nostre incomprensioni e nei conflitti, frutto di un mancato apprendimento comunicativo corretto.
Possiamo evitare che le figlie femmine, una volta tramutate in “giovani adulte”, non si sentano in dovere di prendere – a tutti i costi ed a qualunque prezzo – le parti della madre – nel ruolo di vittima “sedotta ed abbandonata” (mentre in realtà agisce per puro egoismo, della serie: “O con me o con nessun altra”) – e non strumentalizzino l’amore paterno per impedirgli di amare un’altra donna ed essere felice con lei.
Possiamo non aver bisogno di “dimostrare chi siamo” con la forza e la violenza, ma con l’esempio autorevole.
Possiamo imparare dai tentativi fatti per evolverci, senza giungere al “punto di non ritorno”.

Possiamo celebrare e scegliere sempre la Vita alla morte, supportando ciascuno nella propria realizzazione.
Possano le nostre bambine smettere di sentire proferire dai loro genitori biologici che “devono fare le brave, per il bene di tutti, così nessuno si farà male”, instillando inconsapevolmente in loro il pericoloso germe della rabbia compressa e della frustrazione.
Possiamo auto-educarci e ricordarci tutti i giorni della nostra Esistenza cosa significhi essere umano ed amare incondizionatamente sè stess* ed il prossimo, imparando vicendevolmete come si sta al mondo nei modi più consoni, equilibrati ed armonici.
Spezziamo insieme la catena delle dinamiche disfunzionali: qui, ora! Non c’è più tempo per rimandare.

Chiara Virzì