Dal greco, πρόσωπον (prosōpōn: indica il volto dell’individuo, ma anche la maschera dell’attore ed il personaggio da esso derivato ) all’etrusco phersum (personaggio), fino al latino persōna, o personalità, la maschera cela la nostra umanità e verità singolari.
Si potrebbe dire la personalità sia un insieme di maschere , ognuna delle quali può venire utilizzata a seconda delle situazioni che un individuo affronta sul palcoscenico della vita; la pensava così anche Omero, quando sosteneva che la maschera è solo una faccia del tutto.
A volte accade però che siamo talmente attaccati alla nostra maschera da tanto tempo che non riusciamo più a prenderne le giuste distanze.
Lo psicologo William James diceva che ci sono tante parti di noi quante sono le persone con cui entriamo in relazione.
Anche se l’immagine riflessa nello specchio ci da l’idea di una unità concreta, dentro di noi albergano tante diverse personalità, ognuna con la sua maschera, le sue abitudini, i suoi bisogni; ecco le subpersonalità che si manifestano!

Walt Whitman scriveva poeticamente:
“Mi contraddico?
Va bene, e allora mi contraddico
(sono vasto, contengo moltitudini).”
Luigi Pirandello, che ha ispirato il titolo di quest’articolo, affermava: «Di ciò che posso essere io per me, non solo non potete saper nulla voi, ma nulla neppure io stesso.»
Ho accennato e scritto per la prima volta di questi temi nel 2007 con la mia tesi di laurea dedicata all’enigma del Burqa, per chi non ama fermarsi alla superficie di un fenomeno culturale; da allora, la personalità e la persona, la comunicazione gentile e l’Amore sono al centro del mio essere.
..ma proseguiamo con le suggestioni!
La filosofia prese in prestito da teatro greco il termine, e lo trasformò ed integrò con il λόγος (logos), intendendo anche l’essere divino insito noi.
Sempre in ambito filosofico – ma anche antropologico – si definisce la persona un essere dotato di coscienza di sé ed in possesso di una propria identità.

I termini di persona, personalità e personaggio, pur non essendo fra loro equivalenti sono sovente interdipendenti, peraltro non risolvendosi l’ uno nell’altro.
Marc Auge’, antropologo, scrive nell’enciclopedia Einaudi che quando si parla di personalità tout court s’intende solitamente una forte personalità; mentre con l’espressione “è un personaggio” intendiamo solitamente una persona con tratti caratteristici ed originali.
In questo senso osserviamo come il termine diventi identificazione di un ruolo, o di un atteggiamento comportamentale socialmente riconosciuto.
In giurisprudenza, nel diritto romano, il termine persona era contrapposto a “res”, la cosa, indicando l’uomo quale esclusivo soggetto di diritti.
In psicologia, Carl Gustav Jung considera la persona come quella parte di personalità che copre le strutture psicologiche più profonde, e si rifà all’ archetipo dell’ombra per spiegare l’adattamento sociale.
La messa in discussione del individualità ed il bisogno rassicurante di appartenere ad un gruppo, può suscitare un senso di inadeguatezza, o disagio, inquietudine, in taluni casi distress.

Il ruolo – inteso rigidamente – e le funzioni prestabilite, in qualche modo proteggono tuttavia il singolo dall’emersione della dimensione privata nei rapporti interpersonali.
La persona assume la parte di una sorta di attore nel teatro del lavoro, destinatario del “dovere di recitare” proprio un definito ruolo attribuito dall’azienda.
Il vantaggio è mantenere le proprie convinzioni ed i modi specifici senza farsi influenzare eccessivamente dal gruppo stesso, se non sussistono coinvolgimento e significative relazioni interpersonali, che alcune professioni invece prevedono (si pensi alla mansione/missione del docente).
Sorgono alcune domande, alla luce di quanto portato alla consapevolezza:
Partendo dall’atteggiamento che sceglieremo di porre in atto, quale risposta susciteremo nell’altro?
Quanto riusciremo davvero a tutelare la nostra dimensione privata?
Possiamo essere consapevoli fino in fondo delle storie che ci raccontiamo?
È vero che abbiamo tante personalità quanto le persone che attiriamo e frequentiamo?
Molti autori c’invitano a curare con attenzione gli aspetti della nostra personalità, pena una vita malamente vissuta.

A questo proposito citiamo Fedro, con “La volpe e la maschera tragica”: egli allude all’importanza di unire l’ingegno alle opportunità della Vita, o non sapremo coglierle.
Ed ecco Seneca, nelle sue lettere a Lucillo, in un’invettiva contro i vizi dell’epoca, tra i quali spicca l’avarizia:
“Dirò cose giovevoli anche ai piú riottosi. Talvolta giungano pure ai vostri orecchi parole piuttosto dure e, poiché non volete ascoltare la verità singolarmente, ascoltatela tutti assieme. Fin dove estenderete i vostri poderi? il territorio, che era sufficiente a contenere un popolo, è troppo stretto per un solo padrone. Fin dove spingerete i vostri aratri, non contenti di limitare i possedimenti neppure nello spazio delle province? Famosi corsi d’acqua bagnano terreni privati e grandi fiumi, confini di grandi popoli, vi appartengono dalla sorgente alla foce. Ma anche questo è per voi troppo poco! occorre che i mari siano cinti dai vostri latifondi, che di là dall’Adriatico e dallo Ionio e dall’Egeo domini il vostro castaldo, che le isole, dimora di illustri condottieri, siano tenute in nessun conto. Siano estesi i vostri possedimenti quanto volete, sia un podere quello che una volta si chiamava impero, appropriatevi di tutto ciò che potete, finché gli altri posseggono piú di voi. Ora mi rivolgo a voi, la cui dissolutezza si manifesta non meno della cupidigia di costoro. A voi dico: fino a quando non vi sarà lago su cui non sovrastino le vostre ville, fiume le cui rive non siano adorne delle vostre case? Ovunque scaturiranno vene di acqua calda, ivi vedremo sorgere asili per la dissolutezza. Ovunque la spiaggia s’incurverà in un’insenatura, voi subito getterete delle fondamenta e, solo contenti del terreno ottenuto con le vostre mani, spingerete il mare indietro. Risplendan pure dappertutto i vostri palazzi, in un luogo eretti sui monti con ampia vista verso la terra e il mare, nell’altro innalzandosi dal piano fino all’altezza dei monti; benché abbiate costruito molti e grandiosi edifici, tuttavia ciascuno di voi ha un corpo solo e assai piccolo. A che servono molte stanze da letto? dormite in una sola. Non vi appartengono quelle in cui non abitate. Quindi passo a voi, la cui smodata e insaziabile golosità di qui fruga i mari di là le terre, cerca di prendere alcuni animali con l’amo, altri col laccio, altri con varie specie di reti: nessun animale è tranquillo, finché voi non sentite la nausea. Di coteste vivande, che vi procurate mediante l’opera di tante persone, quanto poco gustate con la bocca stanca di raffinate sensazioni! di cotesta fiera cacciata con grave rischio quanto poco riuscirà ad assaggiare il padrone che digerisce a stento ed è facile alla nausea! di tante ostriche, provenienti da paesi cosí lontani, quanto poche van giú per cotesto stomaco insaziabile! Disgraziati, dunque credete che in voi la fame sia piú grande del ventre?”
…Ed ora voglio esprimere la mia umile opinione…
Penso la persona sia una sostanza luminosa e plastica, resiliente ed infinita, complessa ed indefinibile.
Ho scelto di supportare la persona in relazione al suo ambiente anche per questo.
Non siamo avari con noi, abbiamo cura dell’essere cosciente e senziente che siamo!
Contattami se hai voglia di essere accompagnata/o nell’esplorare le moltitudini e le risorse insite in te!
Grazie sempre.
Chi