Il presente della mia personalissima Esistenza – ma credo anche la situazione sociologica generale – ci fornisce l’opportunità di evolvere approfondendo la stretta correlazione fra paura, coraggio e saggezza.
Come direbbe l’emerito filosofo e teologo Vito Mancuso, la paura non è assenza di coraggio, ma presenza di saggezza.
Conoscere le proprie paure ci mette nelle condizioni di conoscere chi siamo (motto e monito imperante di socratica memoria), per poi diventare chi desideriamo (Nietzsche docet) e possedere padronanza di tutti gli strumenti per scegliere il meglio per noi e per chi amiamo, avvicinandoci così il più possibile all’attuazione del Bene (la Saggezza, appunto), alla conseguente suprema felicità e ad un’autentica libertà dell’Essere.
Se tutte le emozioni hanno la funzione di migliorare la nostra performance, il senso della paura è quello di proteggerci e prepararci ad affrontare gli ostacoli con resilienza, la quale non è altro che la capacità degli individui di far fronte allo stress ed alle avversità uscendone rafforzati .
Essa tiene al sicuro l’essere vivente, mentre procede nel suo percorso verso la piena realizzazione di sé e del proprio potenziale.
Franca Cantoni, professoressa universitaria, individua cinque ingredienti che favoriscono la resilienza:
- Ottimismo. Bisognerebbe cercare di pensare ai problemi come a una componente inevitabile della vita, ricordando sempre che le avversità sono transitorie, superabili e derivanti da un intreccio di variabili, alcune delle quali indipendenti dal nostro controllo.
- Autostima ed autoefficacia. È importante avere una base personale sicura, autostima, e possedere la consapevolezza non solo delle proprie risorse, ma anche dei propri limiti.
- Resistenza psicologica (hardiness). È un tratto di personalità associato alla capacità di gestire e rispondere agli eventi stressanti con nuove strategie di coping che trasformano le situazioni difficili in opportunità di apprendimento.
- Emozioni “positive“. È fondamentale concentrarsi su ciò che si possiede invece che focalizzarsi su ciò che manca.
- Sostegno sociale. Non bisognerebbe mai dimenticare di trovare e coltivare uno spazio sicuro in cui poter essere accolti e ascoltati.

Torniamo ora alla rivelata compagna d’avventure del coraggio: la saggezza.
Essa implica una valutazione della realtà – passo dopo passo – prudente ed equilibrata.

A parte la miserrima battuta della vignetta, la saggezza ha sguinzagliato i migliori segugi esperti in psicologia e filosofia per rispondere all’interrogativo che promette una vita dall’elevato ed invidiabile standard qualitativo e di profondissimo benessere interiore (il quale poi si riverbera inevitabilmente all’esterno).
Utilità della Filosofia come ricerca della saggezza
Che cos’è la filo-sofia?
Etimologicamente: amore (cioè ricerca) della saggezza (sophìa).
Se saggio è chi sa e (quindi) fa ciò che è meglio, chi cerca la saggezza (il filo-sofo) ricerca proprio quella scienza del bene che ci è risultata essere la più utile tra le scienze; e se è utile cercare ciò che è utile, filosofare si rivela utile.
Per la filosofia cercare il meglio è sempre la cosa più “intelligente” (e, quindi, migliore) da fare (Socrate aggiunge: “A prezzo della Vita”).
Ma perché sapere che cos’è bene (fare) sarebbe così importante?
Come Platone dimostra, nell’Alcibiade minore, attraverso un dialogo tra Socrate e Alcibiade, la scienza del bene è importante perché senza di essa non si potrebbe sapere se l’uso che si fa delle altre cose che si sanno (delle altre scienze che si possiedono) sia giusto o sbagliato, saggio o non saggio. Viceversa (o, meglio, “per assurdo”) sapere (avere scienza) potrebbe essere perfino peggio che ignorare, quando chi dispone di una determinata scienza ignora ciò che è bene fare (come usarla) o, peggio, quando crede che sia bene ciò che, invece, è male.
Dunque come chiameremo una persona che sa e fa sempre ciò che di volta in volta è meglio? La chiameremo “saggia”.

La Psicologia moderna si sconfinfera nel misurare la saggezza
Tutti noi sperimentiamo sfide nella nostra vita e probabilmente la maggior parte di noi sente di aver imparato qualcosa dalle sfide che abbiamo incontrato.
Ma perché alcune (poche) persone imparano cose che le rendono più sagge nel corso della loro vita, mentre altre diventano (o rimangono) rigide, amareggiate, depresse, superficialmente contente o eccessivamente autosufficienti?
Negli ultimi 40 anni, psicologi ed altri ricercatori hanno dedicato notevoli sforzi allo sviluppo di diversi modelli di saggezza per illustrare i suoi componenti e su come essa funziona.
Nel loro “Paradigma della saggezza di Berlino”, Baltes e Staudinger definiscono la saggezza come “una competenza nella condotta e nel significato della vita“.
Il loro approccio attinge alla storia della letteratura sapienziale nel corso dei secoli e la combina con la ricerca moderna e con il loro pensiero.
Quando qualcuno ci chiede cosa sia la saggezza pensiamo di saper rispondere, ma diamo poi delle risposte insoddisfacenti che non ne chiariscono l’essenza.
Infatti ogni cultura, in Occidente e in Oriente, ha dato delle risposte diverse a questa domanda ed il filosofo Giangiorgio Pasqualotto le ha radunate nel libro “Oltre la filosofia – Percorsi di saggezza tra Oriente e Occidente”.
In questo libro egli presenta le molte analogie tra il pensiero orientale e quello occidentale.
Si può misurare qualcosa di così soggettivo come la saggezza? Alcuni ricercatori hanno cercato di fare proprio questo.
La Scala della “saggezza tridimensionale” è stata sviluppata dalla psicologa Monika Ardelt negli anni ’90.
La struttura della saggezza dominante all’epoca era il paradigma della saggezza di Berlino, che considerava la saggezza come “esperienza nella pragmatica fondamentale della vita”; c’era la sensazione tra molti nel campo che qualche aspetto emotivo della saggezza venisse trascurato.
La ricerca della Ardelt l’ha portata a lavorare con Vivian Clayton, una psicologa pioniera che negli anni ’70 aveva gettato le basi per gran parte della ricerca sulla saggezza; ciò ha condotto ad un modello di saggezza a tre dimensioni ed ha consentito l’inclusione dell’elusivo aspetto emotivo della saggezza.
La Ardelt ha sviluppato un questionario che tenta di valutare quanto siano sagge le persone; il questionario contiene 39 affermazioni in tre dimensioni: cognitiva, riflessiva e affettiva.
Il modello della psicologa Monika Ardelt descrive le tre dimensioni della saggezza come segue:
(1) Dimensione riflessiva: guardare i fenomeni da diverse prospettive, incluso te stesso, che tende a ridurre l’ego-centredità e consente alle persone di superare soggettività e proiezioni.
(2) Dimensione cognitiva: la capacità di vedere la realtà così com’è, di comprendere verità più profonde, in particolare come si relaziona agli aspetti intrapersonali ed interpersonali della vita.
(3) Dimensione affettiva: simpatia e compassione per gli altri.
Le dimensioni non sono indipendenti e non si sviluppano separatamente l’una dall’altra; piuttosto, c’è un’interazione critica tra loro man mano che un individuo cresce in saggezza.
Diventando RIFLESSIVI in crescendo, le distorsioni autoindotte si riducono e si può ottenere un più chiaro apprezzamento della realtà; questa è la crescita della dimensione COGNITIVA.
Quest’apprezzamento più profondo della complessità del comportamento umano si traduce in una maggiore empatia, simpatia e compassione, quindi un aumento della dimensione AFFETTIVA della saggezza.
La ricerca della Ardelt ha anche evidenziato la relazione tra avversità e saggezza.
Il suo lavoro suggerisce, forse prevedibilmente, che le esperienze traumatiche sono affrontate con maggiore successo da persone che ottengono punteggi elevati per la saggezza.
Tale scala di misurazione è stata ampiamente adottato dalle comunità di ricerca come uno strumento valido ed affidabile, che restituisce anche alle emozioni un ruolo centrale nella misurazione della saggezza.

Ma poi…avete mai goduto della vista dall’alto della saggezza quando supera, trascende la paura col coraggio, che tra l’altro è una qualità che ha la stessa radice di “cuore”?
Osiamo, dunque … incliniamo la mente con le sue elucubrazioni al cuore ed alle sue sapienti, misteriose ed ancestrali ragioni.
Perseguiamo ciò che ci rende felici, sempre avendo ben presente il faro della saggezza, filosoficamente intesa.
A partire da Aristotele, coraggio e paura sono sempre stati pensati ed elaborati assieme.
Per l’autore dell’Etica Nicomachea, la virtù del coraggio si comprende infatti solo a partire da un’analisi di quest’emozione.
Non è coraggioso chi afferma di non aver mai paura — è solo un temerario, ossia un irresponsabile: non rendendosi conto delle minacce, rischia infatti di mettere in pericolo se stesso e gli altri — ma chi, consapevole delle difficoltà e delle minacce, sceglie di affrontare il pericolo attraversando la paura che prova, utilizzandola come stimolo, facendone il perno su cui appoggiarsi, per vivere “in sicurezza” i propri sogni.
E allora ..adesso che la tua “cassetta degli attrezzi” è ben rimpinguata, vivili i tuoi sogni!
Se assurgono alla tua consapevolezza sono destinati a te – e t’attendono – da tempo immemore.
“Cogli l’attimo!” (Orazio)
“Cogli la rosa quand’è il momento” (Robert Herrick).
“Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d’un sogno è raccolta la nostra breve vita” (William Shakespeare, La tempesta, atto IV, scena I)

Ci ricorda ancora Mancuso, solo la saggezza può permetterci di superare panico ed ansia.
Una saggezza che si ancora all’istinto di sopravvivenza ed al senso del dovere, ma anche al riconoscimento sociale ed all’esempio ricevuto.
Una saggezza, soprattutto, che inizia con l’elaborazione delle informazioni che si ricevono dal mondo, va avanti quando si fa lo sforzo di toccare la propria interiorità nella solitudine e nel raccoglimento, e diventa coscienza morale quando si giunge a «distinguere se stessi dal proprio comportamento, due in uno, un po’ come quella bilancia per la pesatura dell’anima della psicostasia di cui parlavano gli antichi egizi ».
A differenza del coraggio che, per Mancuso, è caratterizzato dalla forza di volontà, la saggezza è invece il frutto del «lavoro dell’intelligenza luminosa, calma e benevola» e sull’energia vitale che si muove in ciascuno di noi e ci rende pienamente vivi ci si può basare per attraversare la paura, trasformandola come provetti alchimisti.

«Ogni giorno così: rottura di simmetria e ricomposizione di simmetria, martello e cazzuola, forbici e colla. È la ricerca di armonia, è la vita come danza sulle pendici di un vulcano».
Vito Mancuso
Conosci le tue paure e conoscerai te stess*.
Intraprendiamo insieme il viaggio…vuoi?
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